domenica 27 settembre 2009




Servizio di Pino Finocchiaro

Verità sull'agenda rossa di Paolo Borsellino scomparsa in via D'Amelio mentre gli investigatori raccoglievano prove sul luogo della strage.

"Mio fratello è stato ucciso da pezzi dello Stato o da qualcuno che serviva quei pezzi dello Stato. Questo si celava dentro la sua agenda rossa ed è questa la verità che vogliamo portare alla luce".
Un migliaio di persone, una manifestazione serena ma determinata quella organizzata dal fratello del giudice, Salvatore Borsellino, con i giovani che vengono da tutte le parti d'Italia. Mostrano le loro mille agende rosse, lanciano slogan: fuori la mafia dallo stato, il più frequente. Si stringono attorno a Salvatore Borsellino che accusa.

"Quando Paolo è stato ucciso secondo me è stato anche per
sottrargli quell'agenda rossa su cui aveva annotato tanti
segreti sulle infiltrazioni della criminalità organizzata
all'interno della magistratura, dei servizi segreti e dello
Stato. La sua agenda rossa ha già cambiato la storia di questo Paese – spiega il fratello del giudice ucciso nella strage di via D’Amelio il 19 luglio 1992 – perché sui ricatti incrociati che si nascondono dentro quell'agenda si
reggono gli equilibri politici dell'Italia. Se venissero alla luce queste nefandezze probabilmente la storia dell'Italia cambierebbe di nuovo".
C'è un muro di gomma anche per le indagini sulle stragi del '92. Difficile ancora oggi portare avanti le inchieste sui mandanti occulti.
Gioacchino Genchi, funzionario di polizia sospeso dal servizio, consulente informatico di molte procure. Spiega: "Dopo tanti anni all'interno delle istituzioni mi hanno fermato mentre lavoravo con De Magistris e, non a caso, mentre mi accingevo a fornire ai magistrati di Palermo e Caltanissetta elementi fondamentali sulle indagini sulle stragi del '92". Gioacchino Genchi, partecipa al corteo 'Agenda rossa' e insiste. "Nel loro tentativo di delegittimarmi – aggiunge Genchi – si palesa tutta la volontà di impedirmi in ogni modo di dare un contributo decisivo affinché, una volta per tutte, si faccia chiarezza sulle stragi del '92, su cui si fondano le basi di questa seconda Repubblica".
C'è un nome che crea indignazione qui in piazza, quello dello stalliere di Arcore, Mangano, dopo la requisitoria d'appello in corso a Palermo contro il senatore Marcello Dell'Utri. Col Pg che lancia gravi accuse e il presidente del consiglio che definisce Mangano un eroe. “E’una vergogna” commenta Salvatore Borsellino. Gioacchino Genchi dice, Mangano non sapeva neppure quante gambe ha un cavallo. Era lì per Berlusconi”.
"Fuori la mafia dallo Stato", "fuori Dell'Utri dallo Stato", "fuori Mancino dal Csm". Ripetono i ragazzi in coro mostrando la loro agenda rossa. E Salvatore Borsellino conclude “questa non è una manifestazione di partito, qui c’è il partito degli onesti, chiediamo solo verità”.

Nessun commento: